La guerra in Grecia
Il 28 ottobre 1940 l’Italia attacca, improvvisamente e senza alcuna provocazione, la Grecia, da sempre considerata un ostacolo alle mire espansionistiche di Mussolini in quella zona.  La Grecia che, negli anni precedenti, aveva stipulato diversi accordi a difesa del suo territorio (intesa Balcanica, Alleanza Anglo-Francese), si trova sola ad affrontare il nemico. Difatti la Romania si è alleata con la Germania e l’Italia, la Jugoslavia considera l’ intesa balcanica senza alcun valore ed è diventata simpatizzante tedesca, la Turchia è preoccupata di un possibile scontro con l’URSS, gran parte della Francia è occupata dai tedeschi, resta quindi solo l’aiuto britannico che non può essere molto valido in fatto di materiali e uomini, perché la stessa Inghilterra è impegnata in una lotta dove è in gioco la sua esistenza. Fino alla sconfitta francese, l’Italia aveva rassicurato la Grecia di non avere mire espansionistiche nella sua zona, ma le rapide vittorie di Hitler spingono Mussolini ad una “guerra parallela” dalla quale trarre vantaggi alla fine del conflitto mondiale. Fine che si prevede, date le vittorie del Fuhrer, a breve scadenza.    L’Italia cerca di giustificare con ogni mezzo il suo atteggiamento politico  nei confronti della Grecia, prima accusandola di servire gli inglesi, poi affermando che i porti e le isole greche vengono usate dall’ esercito inglese come basi da dove far salpare le loro navi e far decollare i loro aerei.  Nell’ agosto del 1940, l’uccisione del presunto patriota albanese DautHoggia, dà inizio a una campagna radiofonica e giornalistica contro la Grecia nella quale si rivendicano i diritti territoriali albanesi, quindi anche italiani, nei riguardi dei territori greci dell’Epiro e della Macedonia Orientale. Il 15 Settembre Mussolini indice una riunione alla quale partecipano il ministro degli esteri Ciano, il maresciallo Badoglio, il generale Roatta ed il generale Visconti Prasca, quest’ultimo afferma di avere a disposizione, per un’eventuale campagna in Grecia, 70.000 uomini, oltre i battaglioni speciali, mentre i greci possono contare solo su 30.000 uomini. A questo punto Ciano prepara un ultimatum che viene consegnato al primo ministro greco alle tre del 28 ottobre. Tre ore dopo le truppe italiane, ammassate al confine, invadono la Grecia, esse contano 105.000  uomini. Lo stesso giorno, Mussolini e Ciano incontrano a Firenze Hitler e Ribbentrop che così apprendono la notizia dell’iniziativa italiana. Dopo un primo sbandamento delle truppe greche, grazie al quale gli italiani riescono a penetrare verso l’ interno, il nostro esercito viene accerchiato e costretto a ritirarsi ai confini del territorio ellenico. La spinta italiana si esaurisce all’inizio di novembre, tanto che Mussolini, a causa del cattivo andamento della campagna, esonera il gen. Soddu. Il 18 novembre il duce ribadisce:” Vi dico che spezzeremo le reni alla Grecia. In due o dodici mesi non importa”. Il 6 dicembre, Badoglio, scelto come capro espiatorio, cessa di essere capo di stato maggiore e viene sostituito dal gen. Cavallero. Il  punto sulla campagna in Grecia viene fatto da Mussolini il 23 febbraio 1941, parlando al teatro Adriano a Roma dove ribadisce (che):” L’ultimo appoggio della Gran Bretagna sul continente era ed è la Grecia. Era necessario affrontarla e su questo punto l’accordo era assoluto… I soldati italiani in Albania hanno superbamente combattuto… I successi ellenici non esorbitano dal campo tattico e solo la megalomane retorica levatina li ha iperbolizzati”. Dal dicembre del ’40 al marzo del ’41, gli italiani, con ripetuti attacchi e con gravissime perdite, cercano senza riuscirvi, di prendere il nodo di Klisura, per questo scopo sembra imminente l’entrata in guerra della Germania a fianco dell’Italia. La Grecia, cosciente di non potere sopportare un attacco portato dai tedeschi nella Macedonia, dove sono stanziate poche truppe greche dato che la maggior parte di esse staziona in territorio albanese, cerca di convincere l’Inghilterra a mandare un suo contingente. Il 1° marzo 1941, la Bulgaria aderisce al patto tripartito e le truppe tedesche possono stanziarsi nella zona di confine con la Grecia. Il 2 marzo Mussolini inizia la sua visita al fronte, proprio in sua presenza, comincia la nuova offensiva che si spegne in pochi giorni con gravi perdite per l’Italia. Bisogna quindi trovare un’altra via. Il 20 marzo anche la Jugoslavia aderisce al patto, ma il colpo di stato attuato a Belgrado il 27 Marzo, la vede alleata con la Grecia e l’Inghilterra. Il 6 Aprile Hitler e Mussolini invadono la Jugoslavia, contemporaneamente il fuhrer entra in Grecia attraverso la Bulgaria. Il 12 aprile si ha il ricongiungimento delle truppe tedesche e quelle italiane in Jugoslavia. Il 13 aprile sul fronte greco-albanese la nona e l’undicesima armata iniziano la battaglia risolutiva contro i greci. La nona armata occupa Korizona il 14 aprile, il 15 viene conquistato dai tedeschi il nodo di Klisura; l’esercito greco e quello inglese continuano a ritirarsi fino al 19 aprile, giorno in cui si decide che il corpo inglese partirà dalla Grecia. Le forze locali, però, dovrebbero ad ogni costo continuare la lotta per evitare che le forze nemiche occupino il passaggio per Giannina-Arta-Agrinion-Naupaktos-Atene.  Ma il 20 aprile il tenente Tsolakoglou concorda di sua iniziativa un armistizio con i tedeschi. La sera del 22 aprile i greci si arrendono ed il 23 la capitolazione, senza condizioni, viene firmata a Salonicco dal gen. tedesco Jorl, dal gen. Ferrero e dallo stesso Tsolakoglou. Il 26 le truppe paracadutiste naziste vengono lanciate sull’istmo di Corinto, quelle di terra occupano il Peloponneso ed entrano a Patrasso. Il 27 le truppe tedesche entrano in Atene, nei giorni successivi tutti i porti del Peloponneso vengono privati dei loro uomini e mezzi. Dopo un’eroica resistenza, la Grecia è occupata dagli stati dell’Asse che, tuttavia, elogiano il comportamento dell’ esercito greco. Lo stesso Hitler afferma: “Sono costretto a riconoscere, in omaggio alla verità storica, che il soldato greco ha combattuto con temerario coraggio… esso si è arreso solo quando ogni resistenza era divenuta non solo vana, ma anche impossibile”. I termini di resa risultano decisamente vantaggiosi: i soldati greci non sarebbero stati presi prigionieri e gli ufficiali avrebbero potuto mantenere il loro armamento personale. Questi accordi non vengono, però, ritenuti validi dal comandante delle truppe tedesche in Grecia, il Feldmaresciallo List, che il 21 scrive, e fa ratificare, una nuova versione dell'armistizio in cui viene indicato che i greci sarebbero stati trattati come prigionieri di guerra. Una delle ultime azioni a cui prendono parte dei soldati italiani in questo teatro bellico ha come obiettivo il possesso delle isole Ionie, il 28 aprile un nucleo di soldati trasportati sul posto da alcuni idrovolanti accettano la resa del presidio di Corfù, mentre il 30 aprile elementi del II battaglione paracadutisti si aviolanciano sull'isola di Cefalonia occupandola. Successivamente, utilizzando dei natanti trovati in loco, prendono possesso anche dell'isola di Zante. Il 3 maggio un'imponente parata italo-tedesca ad Atene  celebra la vittoria delle potenze dell'Asse. Con la firma della resa e la successiva conquista dell'isola di Creta, la Grecia viene suddivisa tra le forze italiane, tedesche e bulgare: la Germania occupa militarmente la Macedonia centrale e orientale con l'importante porto di Salonicco, la capitale Atene, le isole dell'Egeo Settentrionale e parte dell'isola di Creta; la Bulgaria ottiene la Tracia; l'Italia, che è già presente nell'Egeo con i possedimenti del Dodecaneso, ottiene il controllo della quasi totalità della Grecia continentale, oltre alle isole di Corfù, Zante e Cefalonia e alla parte orientale di Creta.
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